La società attuale ci ha inconsapevolmente predisposti a uno stile di vita sempre più sedentario; basti pensare, durante l’arco di una giornata, quante volte stiamo seduti piuttosto che in piedi, quante volte immobili piuttosto che in movimento.
Anche tu adesso che stai iniziando a leggere il mio articolo lo fai probabilmente da seduto, come io del resto ho passato molte ore seduto per la stesura.
All’aumento della sedentarietà degli ultimi decenni, sono aumentati anche i casi di mal di schiena di cui tutti abbiamo avuto esperienza.
Nel presente articolo andremo a scoprire se in letteratura sia stato effettivamente dimostrato un legame tra le ore che passiamo seduti e la probabilità di sviluppare dolore alla schiena.
Infatti, è sempre più affermato il ruolo dello stare attivi sulla salute, ma c’è una relazione opposta? Ovvero la sedentarietà può essere un fattore predisponente di mal di schiena?
“Il pensiero scientifico si nutre della capacità di vedere le cose in modo diverso da come le vedevamo prima” – Carlo Rovelli.
UNO SGUARDO ALLE POCHE REGOLE PER LA SALUTE
Recentemente un articolo pubblicato sul British Journal of Sport Medicine ha riportato lo sviluppo di nuove linee guida dell’OMS sull’attività fisica e sul comportamento sedentario, secondo cui tutti gli adulti dovrebbero svolgere a settimana:
- 150–300 minuti di attività fisica di intensità moderata,
- oppure 75–150 minuti di attività fisica a intensità vigorosa,
- oppure una combinazione equivalente di attività fisica aerobica di intensità moderata e vigorosa,
- un’attività di rafforzamento muscolare regolare per tutte le fasce d’età.
Ma soprattutto la riduzione dei comportamenti sedentari è raccomandata per tutti i gruppi di età e abilità.
Diminuzioni drammatiche del movimento e dell’attività, non solo determinano lo sviluppo di varie malattie croniche come le malattie cardiovascolari e l’obesità, ma possono anche portare all’aumento dei disturbi muscoloscheletrici, inclusi dolore e disabilità.
La ricerca moderna sul comportamento sedentario e l’inattività fisica ha mostrato un aumento del dolore muscoloscheletrico che è diventato sempre più diffuso negli ultimi 40 anni (Fahad Hanna, 2019).
Ti starai chiedendo, cosa si intende per sedentarietà?
CHE COS’È IL SITTING BEHAVIOUR?
Il sitting behaviour (SB), tradotto letteralmente comportamento sedentario è, da definizione, l’atto finale di un atteggiamento che non comporta movimento (sedentàrio dal latino sedentarius, derivazione di sedens -entis, participio presente di sedere «stare seduto»).
Dal punto di vista fisiologico, si definisce un comportamento sedentario come qualsiasi attività in cui abbiamo un dispendio energetico inferiore a 1.5 equivalente metabolico (MET).
Il MET è un parametro fisiologico espresso come la quantità di ossigeno che consumiamo a riposo.
Questa definizione però può portare fuori strada in quanto, ad esempio, alla guida abbiamo in dispendio di 2.5 MET ma l’impatto sulla salute della posizione in questione rientra nel SB. Ecco perché giocare sull’espressione “sitting behaviour” può essere più produttivo rispetto ai numeri del MET.
Sebbene si sia portati a pensare che lo stare seduti sia una posizione, in realtà è più un’azione, nell’articolo faremo riferimento sempre all’espressione inglese sitting behaviour, il quale comporta un “sitting time”, cioè il totale del tempo che passiamo da seduti.
COME SI FORMANO I NOSTRI COMPORTAMENTI?
Nel 1980, Ajzen e Fishbein spiegarono come si vengono a concretizzare i comportamenti degli individui attraverso la teoria dell’azione ragionata, poi estesa nel 1991 come la teoria dell’azione pianificata (figura 1.).
Questa, essendo generale, può far riferimento a qualsiasi campo, come alla scelta di svolgere esercizio fisico.
Secondo tale teoria intenzione, atteggiamento e norma soggettiva portano al comportamento volontario di un individuo;
- Alla base vi sono le convinzioni personali: ad esempio un soggetto che soffre di mal di schiena potrebbe avere la credenza che “l’esercizio fisico peggiora il mal di schiena”.
- Queste vengono anche messe a confronto con le norme, cioè l’opinione degli altri “le persone a me care mi sconsigliano di sollevare pesi con il mal di schiena”.
Entrambe creano i presupposti per l’atteggiamento, l’attitudine che un individuo ha nell’adottare o non adottare uno specifico comportamento. L’atteggiamento verso il comportamento è definito come “Il sentimento generale di favore di una persona o sfavorevolezza per quel comportamento” (Ajzen e Fishbein, 1980).
Il controllo comportamentale percepito è “la percezione delle persone della facilità o della difficoltà di eseguire il comportamento di interesse”; vale a dire che è molto più difficoltoso cercare di svolgere esercizio fisico adattato al mal di schiena piuttosto che stare seduti e sperare che passi.
Alla fine, l’esercizio fisico viene visto come qualcosa di negativo, di difficile attuazione e dai risultati incerti. Da qui il soggetto avrà l’intenzione di non svolgere attività fisica e quindi svilupperà un comportamento sedentario.
Fig. 1 Theory of planned behavior (Man Kit Chang 1998 Journal of Business Ethics).
A questo punto c’è da chiedersi; qual è il risultato di un comportamento troppo sedentario?
COSA COMPORTA IL SITTING BEHAVIOUR?
La letteratura scientifica indica che il maggior tempo trascorso in comportamenti sedentari è correlato a esiti negativi per la salute.
Tra i 5 e i 17 anni, il comportamento sedentario è generalmente dovuto alla visione televisiva o il tempo sullo schermo ricreativo. Tuttavia, non ci sono prove sufficienti per fissare una soglia precisa (o “cut-off”) per la quantità di tempo davanti allo schermo.
Nella popolazione adulta invece il maggior coinvolgimento a un comportamento sedentario sembra essere dovuto al tipo di lavoro svolto (ad esempio i dipendenti call center spendono il 95% del totale delle ore lavorative da seduti) e ai mezzi di trasporto utilizzati. I lavoratori d’ufficio sono soggetti a maggiori quantità di seduta prolungata e soffrono comunemente (30% –50%) di LBP, con prevalenza a 1 anno.
Un recente studio ha riportato che gli adulti in occupazioni sedentarie trascorso una media di 597 minuti (10 ore) in una seduta posizione durante un periodo di 24 ore.
Studi dei dati Eurobarometro del 2005 e del 2013 suggerivano che livelli elevati di tempo seduto (> 7,5 ore al giorno (h/d)) erano più importanti per gli uomini, le persone altamente istruite, residenti urbanizzati, vedove, e persone con una bassa soddisfazione di vita in una singola indagine (Jelsma et al., 2019).
Tuttavia, anche qui non ci sono prove sufficienti per specificare le soglie quantitative del comportamento sedentario, per determinare se i benefici per la salute specifici variano in base al tipo di sedentarietà e l’impatto delle interruzioni del comportamento sedentario sulla salute. Lo stesso concetto è trasportabile ad una popolazione anziana, anche se le cause di un comportamento sedentario sono diverse e variabili.
Comunque, la nuova raccomandazione del 2020 riporta che il comportamento sedentario dovrebbe essere limitato a tutti i gruppi supportando l’idea di muoversi di più e ridurre il tempo seduti (Bull et al., 2020).
Nonostante la sedentarietà sia un fattore di rischio su la maggior parte delle malattie e che si stimi sia la quarta causa di morte nel mondo, lo stile di vita sedentario è diventato il riflesso della società contemporanea, nella quale molte persone sono risucchiate in questo vortice di immobilità.
Eppure, è uno dei fattori di rischio modificabili delle più comuni malattie non trasmissibili (diabete, ipertensione, infarto, ictus, tumori, malattie cardovascolari…).
La figura 2 mostra come la posizione seduta è associata al rischio di mortalità per tutte le cause e per malattie cardiovascolari tra gli adulti meno attivi fisicamente. In modo semplice, più i pallini si discostano verso l’alto dalla linea rossa, maggiore è la probabilità di morte.
Fig. 2 Associazioni congiunte di tempo di seduta e attività fisica e evento di mortalità per tutte le cause (Stamatakis et al., 2019).
Abbiamo quindi capito come la salute in generale, sia influenzata in modo molto importante dal nostro comportamento; siamo quello che facciamo.
Andremo adesso a leggere se vi è una correlazione anche tra comportamento sedentario e mal di schiena e quali strategie utilizzare per prevenire questo eventuale fattore di rischio.
IL COMPORTAMENTO SEDENTARIO E IL MAL DI SCHIENA
Trovare una correlazione tra il tempo che trascorriamo seduti è una condizione che ha un’eziologia multifattoriale e con grande variabilità di caratteristiche come il mal di schiena, non è un compito facile. Anche perché lo stesso comportamento sedentario è piuttosto eterogeneo di per sé.
Questo ha prodotto una serie di controversie tra gli studi in letteratura:
- da una parte studi recenti riportano che periodi di lavoro seduti di più di 7 ore al giorno aumentano significativamente il rischio di LBP (Cho et al., 2012; Subramanian e Arun, 2017);
- d’altra parte, diverse revisioni sistematiche non sono riuscite a dimostrare la durata della seduta legata all’insorgenza di LBP e non ha trovato alcuna associazione significativa tra la seduta stessa e il rischio di LBP (Shu-Mei Chen et al., 2009).
In uno studio, è stata esaminata la relazione tra mal di schiena e abitudini di seduta lavorativa in 64 dipendenti call center. Il risultato emerso è che individui con low back pain (LBP) cronico hanno un comportamento più sedentario.
È stato utilizzato un materassino in tessuto per valutare e parametrizzare il comportamento di seduta su un totale di 400 ore, mentre i questionari sul dolore hanno valutato il LBP acuto e cronico.
Il 75% dei partecipanti ha riportato un certo livello di dolore alla schiena cronico o acuto. Individui con LBP cronico hanno dimostrato una possibile tendenza verso un comportamento seduto più statico rispetto alle loro controparti indolori.
Inoltre, è stata trovata una maggiore associazione tra il comportamento seduto e LBP cronico rispetto al dolore acuto/disabilità, plausibilmente dovuto a una maggiore consapevolezza del dolore in posizioni sedute in soggetti con dolore cronico, rispetto a quelli affetti da dolore acuto.
Heneweer et al. (2009) hanno scoperto che lo stile di vita sedentario era associato a un rischio 1,41 volte maggiore di sviluppare mal di schiena.
Inoltre, le persone che non rispettano l’attuale raccomandazione per l’attività fisica sopra descritta hanno una probabilità 1,23 volte maggiore di sviluppare la lombalgia.
POSSIBILI MECCANISMI COINVOLTI
Le ipotesi iniziali sulle quali si basano gli studi sono che la seduta prolungata:
- riduce la lordosi lombare e aumenta l’attività muscolare;
- riduce la forza dei muscoli lombari;
- aumenta la rigidità della colonna lombare;
- aumenta la pressione intradiscale e la pressione sull’ischio.
La flessione prolungata durante la seduta ha anche dimostrato di causare una ridistribuzione del nucleo all’interno dell’anulus.
Insieme, questi fattori, possono culminare in degenerazione del disco, ernia o altre condizioni che possono potenzialmente portare a LBP.
Inoltre, è stato riscontrato che il LBP è più diffuso nelle femmine rispetto ai maschi, ma soprattutto le persone con un indice di massa corporea più elevato (> 26,0 kg/m2) hanno maggiori probabilità di soffrirne.
Uno studio pubblicato su Front Public Health. 2019 conclude che i dipendenti sedentari sono esposti a rischi professionali crescenti come mal di schiena e problemi di salute mentale.
Vuoi sapere qual è la parte migliore?
La sedentarietà è un fattore di rischio modificabile.
Le strategie dovrebbero mirare a ridurre il tempo di seduta con interventi di attività fisica pianificati e fattibili da incorporare anche sul posto di lavoro per aiutare a prevenire mal di schiena, lesioni alla schiena e complicazioni di salute mentale.
STRATEGIE DI PREVENZIONE
Un concetto ampiamente discusso è quello delle “pause sedentarie”, riferito alle interruzioni della seduta prolungata. Una pausa nel tempo sedentario è generalmente definita come un periodo di attività non sedentaria (ad es. In piedi o camminando) tra due condizioni sedentarie (ad es. Postura seduta o sdraiata) (Tremblay et al., 2017).
Mirare a una riduzione del prolungato tempo seduto, può essere un ulteriore strategia di trattamento non invasivo e conservativo che, insieme all’esercizio terapeutico e interventi multidisciplinari, può favorire una migliore risoluzione o attenuazione del low back pain.
Studi recenti hanno trovato che gli interventi sul posto di lavoro per diminuire la sedentarietà prolungata hanno diminuito LBP in generale, occupazionale e cronico. Inoltre, la produttività non era ridotta in questi interventi, suggerendo che queste strategie potrebbero essere accettabili per l’implementazione nell’ambiente di lavoro.
Lo studio di Gibbs et al. del 2018 ha reclutato 27 individui con LBP cronico, con disabilità di indice Oswestry (ODI)> 10% e lavori con posizione seduta ≥20 ore/settimana.
I partecipanti sono stati randomizzati all’interno degli strati di ODI (> 10%, <20%, ≥20%) per ricevere consulenza comportamentale, una postazione che consente di stare alla scrivania in piedi, un dispositivo al polso che suggerisce di fare attività e terapia cognitivo comportamentale per autogestione o controllo.
I partecipanti sono stati incoraggiati a stare in piedi per almeno 2-4 ore al giorno e di modificare frequentemente la postura di lavoro. Il dispositivo al polso è stato impostato per vibrare ogni 30 minuti senza movimento, sebbene fossero possibili modifiche individuali.
I partecipanti sono stati spronati all’ “Avviso di inattività”, ad una camminata di 2-3 minuti, anche durante il lavoro.
Il tempo di seduta auto-riferito era significativamente inferiore durante l’intervento rispetto al gruppo di controllo. A 6 mesi, i partecipanti avevano ridotto del 30% il tempo di seduta durante l’intera giornata, e del 35% durante il lavoro.
I risultati di questo cambio di stile di vita sono mostrati in figura 3.
Fig. 3 progressione temporale ODI del gruppo di intervento e controllo. (Gibbs et al., 2017). A 6 mesi, la relativa diminuzione dal valore basale in ODI era del 50% tra i partecipanti all’intervento e 14% tra i controlli.
TAKE HOME MESSAGE; COSA POSSIAMO PORTARCI A CASA?
Tre obiettivi importanti da tenere a mente per ridurre la sedentarietà sono:
- Stand Up;
- Sit Less;
- Move More.
E individuare due o tre strategie per ciascuno degli obiettivi di intervento.
Ad esempio, alzarsi in piedi quando il telefono squilla potrebbe essere selezionato per l’obiettivo “Alzati” e utilizzare le scale invece degli ascensori per l’obiettivo “Muoviti di più”. Per l’obiettivo dell’intervento “Siediti di meno” potrebbe essere importante l’uso delle scrivanie con supporto alto per stare in piedi invece che sulla sedia.
Infine, ecco alcune strategie che mi sento di consigliare:
- camminare verso un collega invece che utilizzare delle e-mail;
- utilizzare le scale invece che l’ascensore;
- parcheggiare lontano dal luogo di arrivo;
- collocare la stampante lontana dalla scrivania;
- alzarsi quando arriva un collega.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Le controversie scientifiche non ci consentono di affermare una correlazione certa tra sedentarietà e low back pain, per lo meno se la domanda che ci chiediamo è se il sitting time può essere causa di sviluppo del mal di schiena.
Infatti, come in ogni cosa, dipende dal punto di vista; se osserviamo il cielo vedremo il sole muoversi, ma non è il sole a muoversi è la terra. Stiamo “confondendo il cielo, con le stelle riflesse di notte sulla superficie di uno stagno”.
Cercare di dimostrare che il comportamento sedentario sia fonte di mal di schiena non è il corretto punto di vista a mio avviso.
Quello che, invece, emerge è che la popolazione con LBP, soprattutto se cronico, ha più bassi livelli di attività fisica e più alti livelli di sedentarietà per una serie di ragioni discusse anche in altri articoli. Ricordo che, ad esempio, il dolore cronico può assumere la tendenza a evitare il movimento per paura del dolore o di una nuova lesione.
Basta correggere leggermente la domanda che ci poniamo per avere una nuova comprensione e nuovi occhi sul mondo: in che modo il sitting behaviour e il low back pain sono correlati tra loro?
Adesso avete la risposta.
“Stand Up”, “Sit Less”, “Move More”.
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Simone Antonielli
Note sull’autore
Laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive, Università degli studi dell’Aquila
Laurea magistrale in Scienze Motorie Preventive e Adattative, Università degli studi dell’Aquila
Certificazione “Functional and postural recovery” presso Training Lab Italia
Certificazione “Strenght and Conditioning Buzzichelli edition” presso Training Lab Italia
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