A cosa serve la biomeccanica? In questo articolo abbiamo analizzato il ruolo e il supporto che questa disciplina dà nelle sindromi dolorose del runner.
Biomeccanica e movimento umano
Lo studio del movimento è oggetto d’interesse da secoli: l’essere umano, da sempre, studia il proprio movimento.
Da Leonardo da Vinci a Borelli, considerato da molti il padre della biomeccanica e primo studioso delle leve applicate al sistema muscolo scheletrico, che ha dato le basi per lo studio e le stipulazioni di leggi fondamentali ancora oggi, come le leggi del Moto di Isaac Newton.
Per studiare il movimento dal punto di vista biomeccanico si ha la necessità di applicare modelli di meccanica classica e fisici per una analisi qualitativa e quantitativa di un movimento o di un effetto del movimento stesso: può essere quindi definita come lo studio dei principi fisici e meccanici applicati ai sistemi biologici, considerando anatomia funzionale e fisiologia articolare dell’individuo.
- La cinetica è quella branca della meccanica classica che studia i fenomeni relativi al moto di un corpo in movimento e le grandezze che li caratterizzano.
- La cinematica invece studia il moto dei corpi indipendentemente dalle cause che lo provocano o modificano.
- La descrizione precisa e dettagliata del movimento umano è determinata da tre variabili definite “descrittori del movimento” che sono Posizione, Velocità, Accelerazione.
Il movimento induce il cambiamento di posizione di un corpo, quando un corpo o un oggetto subisce un cambiamento di posizione , esso si sposta determinando un movimento.
L’analisi del movimento umano tramite i principi biomeccanici non va confusa con la tecnica di esecuzione, che, in ambito sportivo è sport specifica e condizionata da fattori riguardanti la specialità sportiva, fattori psicologici e antropometrici dell’atleta. Per questo motivo la biomeccanica può essere utilizzata come strumento descrittivo della tecnica, dato che ci permette di descrivere numericamente un gesto motorio, ma non il contrario.
Oltre che in ambito sportivo la biomeccanica può essere applicata anche in ambito clinico\riabilitativo. Il movimento umano oltre che essere un descrittore di un atto motorio volontario, è marcatore di salute, come i pattern di deambulazione, utilizzati come modelli di riferimento per monitorare l’evoluzione nei protocolli di trattamento dei Parkinsoniani o soggetti con lesioni del sistema nervoso centrale in riabilitazione.
Ad oggi un grande utilizzo dell’analisi biomeccanica lo fa la prevenzione sportiva, che grazie allo studio di angoli permissivi in funzione della fisiologia articolare, morfologia individuale e anatomia funzionale, possono ridurre significativamente le casistiche di infortunio grazie all’individuazione di range di movimento facilitanti.
Anche lo studio dell’impatto a terra, la forza di reazione del suolo o le pressioni podaliche fanno parte della gamma di misurazioni che compongono uno studio del movimento. Questo supporto ha dato grande vantaggio da punto di vista della comprensione del movimento e pianificazione di un condizionamento o correzione da applicare ad esso.
Video-analisi e sistemi optoelettronici
L’analisi del movimento negli anni ha subito una forte evoluzione, soprattutto grazie alla bioingegneria: ad oggi è con sistemi digitali Optoelettronici (Vicon, Costel, Smart) che si misura il movimento. Questi non utilizzano la fotografia, ma principi e dispositivi optoelettronici a gruppo ottico.
I gruppi ottici delle camere optoelettroniche proiettano sul piano immagine i contrassegni captati con i markers: il piano immagine è costituito da un trasduttore in grado di codificare direttamente le coordinate immagini, dando valori numerici istantaneamente. Importante nell’analisi del movimento è la fornitura da parte del sistema di indicazioni numeriche istante per istante, circa i descrittori del moto.
Nel dettaglio la scelta del tipo di sistema va fatta in base alle caratteristiche dell’analisi che si vuole vare e i parametri che si vogliono ricavare. Esistono diverse tipologie di sistemi, con sensori inerziali, fotocellule, markers, solette pressorie: ognuno di questi sistemi ricava dati diversi, utili all’analisi.
Inoltre le strumentazioni possono essere:
- outdoor, utilizzabili sul campo o pista, caratteristici perché sono senza cavi;
- o indoor, specifici per l’analisi in laboratorio o in studio, dato che nella maggior parte dei casi il sistema è con cavi.
I sistemi optoelettronici 3D sono strumentazioni con particolari telecamere che proiettano un fascio in infrarossi all’interno del loro campo visivo e che acquisiscono dati da markers applicati sul soggetto. Grazie ai markers le telecamere hanno la possibilità di seguire i movimenti descrivendo attraverso particolari software, come ad esempio kinovea, le caratteristiche cinematiche del moto fornendo ali numerici. L’analisi può essere anche planare 2D, analizzando con una sola cam posta lateralmente il soggetto com obbiettivo sul piano saggittale.
L’analisi 3D, necessita di più cam e prende in considerazione sia il piano saggittale che quello traverso per analizzare il movimento nei 3 parametri spaziali. I marker vengono applicati in specifici punti di repère, come malleolo laterale nella caviglia, epicondilo laterale del ginocchio o grande trocantere nell’anca. Ogni marker deve essere reperibile da ogni camera. Un software registra i dati rilevati dai sensori e li analizza in termini angolari e spazio temporali , rappresentati graficamente in forma digitale. Il movimento verrà riprodotto sull’hardware digitale in maniera fedele.
Una prima analisi può essere apprezzata già dalla valutazione della rappresentazione digitale; successivamente si possono introdurre i dati in grafici che andranno a delineare graficamente il movimento tramite forme d’onda.

L’Elettromiografia: Analizza l’attività elettrica di ogni singolo muscolo o gruppo di muscoli, ed è estremamente importante con risvolti in diversi campi, dalla neurologia fino all’analisi del gesto motorio.
L’analisi elettromiografica (EMG) nasce per misurare quantitativamente l’impulso elettrico generato dal sistema nervoso centrale e veicolato al motoneurone Ⲁ verso il muscolo target. In ambito clinico è stata la nuova frontiera dell’esame neurologico, dato che permette di misurare e quantificare la trasmissione di corrente che dal SNC arriva in periferia ai muscoli.
Esistono due tipi di elettromiografia:
- di superficie, che misura l’attività elettrica dei muscoli superficiali, maggiormente utilizzata in ambito analisi del gesto motorio;
- di profondità: analizza i muscoli più in profondità, utilizzata soprattutto in ambito neurologico, come nella miopatia e in problematiche a carico del SNP. Inoltre gli elettori sono più invasivi.
Indipendentemente dalla tipologia l’obbiettivo dell’elettromiografia è quelli di descrivere il timing di attivazione dei muscoli presi in analisi e il picco della loro attività. Tuttavia i dati elettromiografici da soli non hanno grande valore, infatti l’EMG va abbinata ad altri parametri nel movimento come angoli e dati spaziali per comprendere, integrare e determinare una chiara lettura dei parametri del movimento.

Relazioni grafiche e Diagrammi nell’analisi del movimento
In una analisi la rappresentazione grafica dei dati è di centrale importanza, difatti la descrizione del movimento è spesso accompagnata da relazioni grafiche tra qualche variabile come angolo, velocità, accelerazione o tempo, non apprezzabili certamente ad occhio nudo.
Possono essere messe in evidenza le variazioni dell’angolo della coscia in un podista durante un passo completo, misurato rispetto all’asse orizzontale. Oppure, essendo il movimento umano compiuto dalla rotazione reciproca dei segmenti corporei, è più rilevante la relazione tra angolo e angolo, ma anche angolo e tempo, velocità e tempo, accelerazione e tempo.
È importante ricordare che, durante lo studio biomeccanico, bisogna considerare sempre una lieve asimmetria del corpo umano e differenti sviluppi morfo-funzionali delle articolazioni e segmenti scheletrici tra gli individui, che determina una differente fisiologia articolare per ogni individuo, dipendente anche dalle patologie passate a carico degli arti e articolazioni.
Ne consegue che ogni modello di riferimento non può essere applicato a priori ma vanno interpretati i dati ottenuti dall’analisi individuali e stipulati specifici range di lavoro per ogni soggetto in base alle sue personali caratteristiche.

Parametri cinematici della corsa elite
L’analisi della tecnica di corsa è da tempo oggetto di studio, tutte le strade aperte dalla letteratura scientifica portano ad una ricerca di maggior Running Economy (RE) ovvero il consumo di ossigeno (VO2) ad una determinata velocità di corsa, che ne determina appunto la massima ergonomicità tra produzione e dispendio energetico (Barnes et al., 2015). Un attento studio delle variabili cinematiche del passo e della corsa quindi diventano indispensabili.
È stato osservato che uno dei parametri di maggior influenza per la RE è l’ampiezza del passo: questo studio ha dimostrato che nei soggetti sani sul piano sagittale si formano delle forme d’onda cinematica comuni. Questo testimonia la possibilità di utilizzare questi sistemi di analisi per caratterizzare graficamente il cammino o la corsa in soggetti sani, per monitoratene il mantenimento dei parametri atletici, e in ambito riabilitativo per confrontare i dati inerziali e optoelettronici nelle varie fasi della riabilitazione.
Un’approccio per caratterizzare la tecnica di corsa è quello di analizzare gli atleti nei diversi stili di corsa. In precedenza alcuni studi hanno dimostrato la diminuzione del tempo di contatto e le alterazione del piede. Tuttavia, in condizioni controllate, la velocità di marcia ha un effetto evidente sui parametri spazio-temporali e cinetici. Questi parametri ci indicano come tempi di contatto più brevi e appoggio in avampiede riducono l’azione frenante e sono caratteristici dell’attività di alta prestazione.
È stato osservato che corridori competitivi avevano una velocità sui 10 km di 4,8 m/s, circa 35 minuti di tempo. Un’altra caratteristica biomeccanica della corsa ad alte prestazioni è la lunghezza del passo: durante la fase di volo il centro di massa segue una traiettoria balistica, pertanto aumenta la lunghezza della falcata, aumentando di conseguenza la velocità. Questo aumento della falcata deriva da una fase rapida di appoggio ma con grande impulso verticale e da una capacità maggiore di flessione di anca e ginocchio in fase di volo.
Ulteriori caratteristiche biomeccaniche possono influenzare la corsa: in particolare l’appoggio con l’avampiede combinato con un appoggio più posteriore in strike, può portare ad uno spostamento in avanti del centro di pressione podalico durante la fase di appoggio. Quando questo si combina con una maggiore forza di reazione verticale (impulso) aumenterà il momento in plantarflessione della caviglia, con conseguente maggiore spinta.
In sintesi le alte prestazioni sono influenzate da: tempo di volo maggiore, appoggio in avampiede e maggior impulso.
In uno studio è stato evidenziato come nei corridori elite la correlazione tra cinematica ideale in esecuzione ed esperienza di corsa, il carico settimanale per lunghi periodi di preparazione fisica, hanno indotto adattamenti che, modificando caratteristiche intrinseche, permettono agli atleti di correre ad elevate prestazioni. In conclusione nello studio sono stati confrontati atleti elite e podisti ricreativi attraverso una gamma di variabili cinematiche e cinetiche.
Lo studio ha evidenziato caratteristiche nelle alte prestazioni indipendenti dalla velocità. Come stile della corsa, che negli atleti elite ha evidenziato un tempo di volo più lungo, che facilita un atterraggio con il piede anteriore vicino al corpo e al centro di massa.
Alla luce di questi dati possiamo affermare che, tramite lo studio dei parametri cinematici nella corsa di un atleta, l’allenatore può comprendere ed evidenziare quali sono i “punti deboli” in termini biomeccanici o parametri da migliorare per stilare un protocollo di lavoro in relazione ad essi, inoltre si può servire di ulteriori analisi test per monitorare l’efficacia del protocollo e testare i risultati a fine percorso.

Rischi di lesione e caratteristiche degli infortuni nei Runner
Con le evidenze scientifiche a supporto dell’esercizio aerobico, sempre più persone si approcciano alla corsa come “mezzo” per avere un buon sistema cardiocircolatorio e prevenire patologie cardiovascolari.
Questo aumento di praticanti però, aumenta anche il rischio di lesioni legate alla corsa (RRI), soprattutto nei corridori alle prime armi. Alla luce delle forze che il corpo subisce durante la corsa, non sorprende che tutti gli RRI coinvolgono l’arto inferiore, il ginocchio è il più colpito, seguito dal piede.
Poiché un RRI è il motivo principale per smettere di correre, sono necessari efficaci programmi di prevenzione per ridurre questi infortuni, gli infortuni con tempi di convalescenza e riatletizzazione più lunghi sono quelli che portano nella maggio parte dei casi ad abbandonare l’attività.
Durante un periodo di studi di 4 anni in Olanda, dove c’è una cultura del podismo agonistico e amatoriale affermata, sono stati raccolti dati su un campione di quasi 5000 podisti, il cui 30% alle prime armi. L’incidenza di lesioni è stata significativamente più alta nei podisti alle prime armi, l’incidenza media delle lesioni a 4 anni è stata 8.78 (IC al 95%) contro 4.24 (IC al 95%) per 1000 ore di corsa. Tra uomini e donne, queste ultime hanno riportato più danni da RRI, mentre tra i podisti esperti il tasso di incidenza ha mantenuto lo stesso andamento nei 4 anni, nei principianti invece è leggermente diminuita. (Tabella 1). Il ginocchio è stata l’articolazione più colpita 61% del totale con 31% negli esperti e 30 % nei principianti; anche il tendine d’Achille ha avuto un incidenza rilevante 10%.
Questo studio ha mostrato un’associazione tra esperienza di corsa e RRI: Fuller definisce infortunio qualsiasi reclamo fisico avuto da uno sportivo a seguito di un allenamento o una gara, per RRI in questo studio è un danno fisico di natura muscolo-scheletrica a carattere progressivo correlata alla corsa.
Il ginocchio è l’articolazione più colpita, seguito da tendine d’Achille e caviglia, dato che questi infortuni hanno uno sviluppo progressivo, fa pensare a una eziologia dovuta ad un eccessivo uso, o ad un uso con una distribuzione delle forze penalizzante. Nel prossimo lavoro di Liao e Powers si analizzerà nel dettaglio quali possono essere le conseguenze di una cinematica sfavorevole, che incide sulla tecnica di corsa e appoggio, inducendo modificazioni anatomiche e funzionali che danno origine a scompensi che in maniera indiretta danno luogo a disfunzioni deleterie nell’atleta o nello sportivo in generale, ma anche a lavoratori o sedentari dato che il cammino è la forma di movimento più utilizzata, e una compromissione di esso ha ripercussioni su tutto l’organismo.
- All’origine di un infortunio possono esservi cause multifattoriali: alcune di esse sono determinate da atti motori errati o precari, dovuti a esecuzioni in ambienti open skill con repentini cambi di direzione come nel calcio, oppure a meccaniche esecutive errate, dovute a debolezze muscolari o posture viziate, caratteristiche degli sport ciclici come la corsa o ciclismo.
- Notevole differenza è emersa tra atleti esperti e meno esperti: questo indica una necessità di approcciarsi alla corsa con un razionale carico di lavoro, stipulato in base alle proprie caratteristiche, che permetta di affrontare l’impatto iniziale di una attività senza creare danni strutturali all’organismo, che possono emergere subito o in ritardo dopo un certo tempo, a seguito di costanti e continui picchi di stress.

Cinematica tibio femorale in soggetti con stress rotuleo
Un’altra problematica frequente negli atleti di corsa è lo stress rotuleo che provoca dolore nei giovani atleti, dovuto a picchi di stress femoro patellari.
Secondo Liao e Powers questo stress può essere esaminato tramite lo studio cinematico tibiofemorale nel tre piani. È stato indicato che la causa del dolore patello-femorale (PFP) è provocato da un alto stress femoro-rotuleo che provoca un eccessivo surriscaldamento dell’osso subcondiolideo altamente innervato.
Inoltre, l’esposizione a lungo termine di queste sollecitazioni contribuiscono all’insorgenza di artrosi femoro-rotulea (PFOA), sia PFP che PFOA sono indotti da elevate sollecitazioni indotte dalla corsa. A seguito di uno studio tridimensionale e elettromiografico si è osservato che, in una popolazione sintomatica (PFP) e asintomatica, il picco di stress nella geometria articolare si localizzava sulla faccetta mediale e laterale della patella, con prevalenza della faccetta laterale 64% contro 34% della mediale. L’ampiezza del picco di stress è dovuto al volume dello stress a cui sono esposti.
Per quanto riguarda invece la cinematica articolare dei soggetti con PFP è stato rilevato che, maggiori gradi di rotazione esterna tibiofemorale o minor rotazione interna, sono correlati a maggior stress cartilagineo laterale. (Figura 5)

Dall’analisi di Liao e Powers l’intraruotazione o l’extraruotazione del femore sulla tibia sono il risultato della rotazione sul piano trasversale del complesso gamba.
Questo movimento è di importanza centrale, dato che studi precedenti hanno dimostrato come anche la rotazione interna femoro-tibiale provoca una maggiore pressione di contatto e stress sulla cartilagine rotulea. Questa rotazione eccessiva del femore origina da un deficit dell’anca nel controllo dell’arto che, oltre a cambiare la meccanica del contatto al suolo, riesce a indurre il ginocchio varo o, in caso sia già presente, aumenta il grado di sollecitazione; inoltre cambia anche la risultante del vettore forza del quadricipite che agisce sul giunto rotuleo.
In conclusione la posizione del picco di stress rotuleo dipende dalla cinematica sul piano frontale e trasversale del ginocchio: i corridori con PFP dovrebbero essere valutati in questi parametri, dato che anomalie di questi movimenti possono essere alla base dei sintomi dolorosi degli individui.

L’iperpronazione di piede altera la muscolatura lombo-pelvica
Le alterazioni cinematiche che coinvolgono il piede sono precursori di compensi e deficit in sedi muscolari anche molto distanti.
L’iperpronazione del piede è una delle più frequenti alterazioni che coinvolgono il piede, i cambiamenti biomeccanici che l’iperpronazione può produrre sono associati a lesione degli arti inferiori e anomale distribuzioni delle forze a livello pelvico, che si ripercuotono sull’equilibrio del rachide.
Nello sport questo tipo di disturbo può mettere a rischio la carriera di un atleta professionista o la semplice attività fisica come lo stile di vita in soggetti sani, asintomatici.
Yazdani (2019) ha osservato che i podisti sono la categoria di sportivi che più di tutti sono esposti a queste problematiche che coinvolgono gli arti inferiori, che si ripercuotono su tutto il sistema di economia della corsa e dolori riferiti.
Considerando il bacino come un collegamento funzionale tra gli arti inferiori e il rachide si ritiene che una inclinazione laterale della pelvi possa portare a iperlordosi, scoliosi, o lombalgia. Nello specifico si è notato che i soggetti che tendono ad iperpronare il piede hanno un picco di forze localizzato sulla muscolatura degli Erettori Spinali perché, avendo il bacino che lavora male sui piani, ciò si ripercuote sugli erettori del rachide che devono compensare questo disequilibrio. Inoltre ci sono altri muscoli che collaborano al compenso, come gli addominali obliqui e il gruppo muscolare Ileo – Psoas.
L’importanza di individuare preventivamente il disequilibrio risiede nella prevenzione dei compensi muscolari di risposta. La variazione dei pattern del cammino, che vengono ripetuti migliaia di volte al giorno, inducono allo sviluppo della patologia.
L’analisi del movimento gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione di queste lesioni che colpiscono maggiormente la popolazione sportiva, ma anche i non sportivi in ambito lavorativo. L’analisi cinematica grazie allo studio tridimensionale degli angoli e parametri vettoriali ci permette di individuare il largo anticipo un atteggiamento anomalo, che progredendo porterà allo sviluppo di patologia o compensi.
Conclusioni
In conclusione abbiamo osservato come la meccanica esecutiva di un gesto motorio possa influenzare l’insorgenza di dolore: analizzando, quindi, i parametri biomeccanici di un soggetto si può limitare o evidenziare un gesto potenzialmente nocivo per il sistema osteoarticolare.
Dott. Matteo Compagnoni
Note sull’autore
Dott. Scienze Motorie e Sportive – Università degli studi dell’Aquila
1° anno Specializzazione Scienze Motorie Preventive e Adattate
Certificazione Functional Postural Recovery – Training Lab Italia
Certificazione Specialista in Biomeccanica – Advanced Training System
Membro S.I.A.M.O.C.
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Bibliografia
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