Il Digiuno Intermittente per il dimagrimento e per la pratica sportiva

Data:

03/11/2017

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Per digiuno intermittente si intende una strategia alimentare che prevede una fase di astensione dal mangiare alternata ad una finestra alimentare in cui ci si alimenta. Al di là delle motivazioni religioso-filosofiche che spesso portano alla necessità di digiunare, da un punto di vista medico-scientifico il digiuno è risultato un’ottima terapia nella gestione delle patologie e nel percorso del dimagrimento.

E’ fondamentale fare una distinzione tra digiuno intermittente (IF) e semplice restrizione calorica (CR) a basso contenuto di carboidrati (LC). La restrizione calorica low carb prevede una riduzione dell’apporto giornaliero sia di carboidrati (tra i 100 e i 130 gr) che di calorie, spesso anche al di sotto del metabolismo basale, scelta che fa storcere il naso a molti nutrizionisti.

Spesso si mangia facendo pasti molto frequenti e con porzioni abbastanza ridotte: questo secondo il principio per cui il dispendio energetico giornaliero aumenti per opera di una termogenesi indotta dalla dieta sempre attiva, data dai pasti frequenti. A dire il vero,non ci sono studi scientifici che dimostrano che questa strategia sia vincente, nel senso che con protocolli dietetici restrittivi, la frequenza dei pasti non influisce sulla buona riuscita del regime alimentare.

Con la CR comunque ci sono risultati convincenti da un punto di vista della perdita di peso e della normalizzazione di parametri clinici alterati. La perdita di chili però non è sempre un risultato positivo, infatti una restrizione calorica mantenuta nel tempo può generare certamente una diminuzione del peso, ma con esso anche una perdita eccessiva di massa magra, specialmente se associata ad una intensa attività fisica, e questo non può essere considerato vero e proprio dimagrimento.

Con l’IF invece, solo se programmato in maniera corretta, si può avere un forte dimagrimento limitato alla sola massa grassa, preservando la massa magra ed addirittura aumentandola.L’IF tipico degli studi scientifici effettuati prevede di norma un digiuno che va dalle 16 alle 18 ore, in cui è compreso il sonno notturno, ed una finestra alimentare che va dalle 6 alle 8 ore, in cui si effettua una dieta ipo o normo-calorica. La versione ipocalorica è quella che da i risultati migliori negli studi.

IF, CRLC e patologie

Entrambi i protocolli hanno dato risultati ottimali nei confronti del miglioramento di molte patologie o alterazioni cliniche. Da un punto di vista cardiovascolare vi è una riduzione della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, riducendo così il rischio di malattie coronariche ed ictus. Gli effetti benefici di IF e CR derivano da due eventi ben noti: da una parte la riduzione dei danni ossidativi e dall’altra la resistenza allo stress cellulare.

Anche se non sono noti i meccanismi tramite i quali questo è permesso, i risultati sono soddisfacenti. Uno studio condotto su ratti ha dimostrato però come solo l’IF sia in grado di aumentare la resistenza delle cellule del cuore e del cervello a lesioni ischemiche indotte da ictus ed infarto del miocardio. Questo probabilmente perché il digiuno intermittente è in grado di stimolare il fattore neurotrofico, un polipeptide specializzato nella sopravvivenza e nella crescita dei neuroni.

Sempre a livello cardiovascolare, vi è un aumento della sensibilità cellulare all’insulina e quindi un miglioramento del metabolismo glucidico sia in soggetti sani che in soggetti con diabete o insulino-resistenza, risultati più visibili con digiuno intermittente rispetto ad una semplice dieta a basso contenuto calorico. Con il digiuno intermittente (più nel dettaglio con il Ramadan di cui parlerò nel capitolo sull’approccio all’allenamento) migliorano anche i livelli di coagulazione del sangue, i livelli di omocisteina e del colesterolo HDL.

In generale vi è un miglioramento a livello cardiovascolare ed una riduzione dei rischi annessi alla sindrome metabolica.

A livello cerebrale invece, sempre tramite i meccanismi sopradescritti di azione sullo stress ossidativo, entrambi i protocolli dietetici risultano ottimi nella terapia per il miglioramento della vulnerabilità del sistema nervoso, per il rallentamento dell’invecchiamento e per ilritardo nella comparsa di disturbi neurovegetativi come malattia di Alzheimer e Parkinson. Applicare quindi con costanza durante l’arco della vita periodi di digiuno o di restrizione dietetica, tramite programmi personalizzati, può senz’altro dare dei benefici che si traducono con rallentamento dell’invecchiamento cellulare, miglioramento delle condizioni di vita e longevità.

IF, CRLC e dimagrimento

Nell’ambito del dimagrimento e dell’attività fisica gli studi diventano più carenti e di difficile interpretazione. Sicuramente con entrambi i regimi vi sono buone perdite di peso, un fattore fondamentale per  i soggetti obesi o in sovrappeso in cui è senz’altro necessaria una riduzione di questo valore: si avrà così un’ottimizzazione dei valori di BMI, WHR e di conseguenza una riduzione del rischio cardiovascolare ed un miglioramento dello stato di salute.

In entrambi i protocolli normalmente ci sono risultati simili in termini di perdita di massa grassa, nello specifico sia di tessuto adiposo sottocutaneo che viscerale, una conclusione certamente soddisfacente. Di studi a lungo termine ce ne sono pochi e questo limita ancora di più la loro validità. Tutti questi studi però sono accomunati da un’importante differenza: quella che si presenta tra la perdita di massa magra tra i gruppi trattati con digiuno intermittente e quelli trattati con una semplice e giornaliera restrizione calorica.

Con la CR vi è una maggiore perdita di massa magra, tant’è che del peso totale perso circa il 75% è dato da massa grassa, rispetto al protocollo IF in cui dei chili persi in media il 90% è dato dalla massa grassa. Un risultato che favorisce il digiuno intermittente per un dimagrimento efficace mirato all’ottimale ricomposizione corporea. Il problema più grande fondamentalmente è dato dalla carenza di riscontri scientifici effettivi: gli studi sono fatti sempre a breve termine (difficilmente oltre le 12 settimane) e non si conosce l’effetto di queste due strategie dietetiche a lungo termine.

Non si conosce se nel tempo questi risultati si possano completamente stravolgere o non avere alcun effetto o creare peggioramenti ed eccessive perdite di massa magra. C’è però da dire che questi studi sono stati fatti imponendo in entrambi i casi sempre un regime ipocalorico, che perciò richiede un mantenimento successivo al periodo di sperimentazione affinché non si riprenda il peso perduto (normalmente purtroppo almeno il 30-35% del peso perduto viene ripreso nell’anno successivo ad un regime alimentare dimagrante).

Bisogna anche sottolineare il fatto che sono regimi a basso contenuto di grassi, quindi in totale con un sostanzioso quantitativo di proteine. Gli studi sarebbero davvero completi se ci fossero riscontri diversi, con diete normocaloriche, normolipidiche, con protocolli sportivi ben programmati e con studi a lungo termine.

IF e prestazione sportiva

Il digiuno completo è una pratica terapeutica molto utilizzata per affrontare la fase acuta di varie malattie, in quanto lo stato patologico si riduce e si normalizzano i valori clinici dei pazienti, o ad esempio per ridurre l’impatto negativo della chemioterapia per il trattamento del cancro. È invece assodato che allenarsi in uno stato di digiuno completo non apporta benefici né al corpo, né tanto meno alla prestazione sportiva, anzi i risultati sportivi peggiorano in caso di digiuno prolungato.

Quasi tutti gli studi riguardanti l’attività fisica e il digiuno intermittente sono stati fatti su atleti agonisti che per motivi religiosi applicavano il Ramadan, una forma di digiuno intermittente vera e propria ma unica nel suo genere. Il digiuno del Ramadan va dall’alba al tramonto, quindi all’incirca ci sono 12 ore di digiuno e 12 ore di finestra alimentare. Quello che rende questa forma di digiuno molto particolare è che durante le ore di sole non è consentito mangiare nè bere nessun tipo di bevanda, una caratteristica che per uno sportivo può essere molto problematica.

Nella finestra alimentare si fanno normalmente due pasti, uno dopo il tramonto ed uno prima dell’alba, quindi spesso si può arrivare ad avere un insufficiente introito calorico. L’usanza di rimanere svegli fino a tardi, svegliarsi presto per fare l’ultimo pasto prima dell’alba e pregare durante la notte, altera moltissimo il ritmo sonno-veglia, condizione di sacrificio e penitenza che ai fini religiosi è comprensibile, ma che si ripercuote negativamente sulla giornata di un atleta.

Il tutto viene applicato per la durata di 30 giorni. Sono stati fatti studi su soggetti non allenati che hanno applicato il Ramadan ed hanno dato buoni risultati ai fini di miglioramenti dei parametri clinici di colesterolo HDL, LDL, profilo glucidico, omocisteina e stato di coagulazione ed ossidazione. Sul dimagrimento anche in questo caso ci sono stati buoni risultati in ambito di perdita del peso e della massa grassa, grazie ad un aumento dell’ossidazione dei lipidi favorito anche da allenamenti sub-massimali, quasi sempre al cicloergometro.

Per la performance fisica in atleti di élite, i risultati cambiano: in sprinter allenati si è valutato un peggioramento della velocità e della potenza e in ragazzi non allenati un peggioramento della capacità aerobica oltre che perdita della forza.Al tempo stesso con atleti che applicavano l’IF sono stati valutati in molti studi i livelli circolanti di GH ed IGF-1, ed è stato dimostrato in più lavori che questi valori aumentano, provando a spiegare così il motivo per cui ci sia conservazione di massa magra e minore rottura delle proteine muscolari.

Questi studi hanno dei grossi limiti in quanto il Ramadan non è il digiuno intermittente migliore: per quanto ci possano essere miglioramenti di molti parametri clinici, il rapporto sonno-veglia è alterato, e così il sonno notturno e la vigilanza diurna , fattori che alterano negativamente le prestazioni psicomotorie. Per di più l’alterazione del ritmo circadiano modifica il mantenimento della temperatura corporea, la produzione della melatonina, del cortisolo ed automaticamente della glicemia.

Conclusioni

Come si è potuto vedere,la ricerca scientifica riguarda principalmente gli effetti del digiuno intermittente sul dimagrimento, e a livello sportivo vengono valutate principalmente le capacità aerobiche e le prestazioni fisiche ad esse annesse. Sulle capacità anaerobiche non c’è quasi nulla, ed è così molto difficile consigliare o raccomandare il digiuno intermittente a bodybuilders o semplicemente a persone che seguono allenamenti mirati alla forza o all’ipertrofia, con l’obiettivo di avere nella loro pratica sportiva giovamento da questa strategia dietetica.

Certamente può essere un protocollo alimentare ottimo per incentivare il dimagrimento preservando la massa magra, sia in presenza di attività fisica che in completa sedentarietà, ma di certo non può essere applicato per tempi molto lunghi vista la carenza di studi a riguardo. Proprio la caratteristica di dover essere applicato per un breve tempo rende la sua compliance abbastanza buona, l’importante è però sempre associarci un regime dietetico normo-calorico o leggermente ipo-calorico di mantenimento, affinché il peso e la massa grassa persi non vengano riacquistati.

Può essere anche un’ottima strategia per abbassare il rischio cardiovascolare in soggetti con ipercolesterolemia, o addirittura per prevenire e mantenere sotto controllo il diabete. La ricerca deve lavorare ancora tanto per rispondere a molti quesiti sul digiuno intermittente, ma di certo il futuro riserverà a questo protocollo ampio spazio nel trattamento delle patologie e delle esigenze dei soggetti sani.

BIBLIOGRAFIA

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Note sull’ autore: 

Dott. Stefania Ciovacco

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