Gli Shift Workers e il collegamento tra sistema circadiano e obesità

Data:

09/10/2019

Indice degli argomenti

Le persone che lavorano facendo dei “turni” hanno degli scompensi sul sistema circadiano e questo si può associare all’obesità. Vediamo di capire meglio tutti i meccanismi fisiologici.

Ritmi di vita e conseguenze sulla salute

Negli esseri umani, le abitudini tipiche della società moderna, tra cui la riduzione del tempo dedicato al sonno e l’aumento dell’esposizione alla luce anche durante la notte, agiscono sul cervello, inducendo una “perdita” dei ritmi interni ed esterni. Di conseguenza l’ambiente percepito dal cervello è diventato metabolicamente piatto e aritmico. 

Ebbene, diversi studi evidenziano come anche l’alterazione del sistema circadiano (chronodisruption (CD)) abbia un collegamento con l’obesità. 

Va ricordato che tra le complicanze dell’obesità vi sono le malattie cardiovascolari, ipertensione, dislipidemia, disfunzione endoteliale, ridotta tolleranza al glucosio e diabete di tipo 2. Interessante è il fatto che la Cronobiologia sia implicata nella maggior parte delle sopracitate patologie. 

Infatti molti ormoni coinvolti nel metabolismo come insulina, glucagone, GH e cortisolo, mostrano oscillazioni circadiane con differenti andature giornaliere. I meccanismi interni sincronizzati assicurano che tutti i ritmi fisiologici e comportamentali avvengano in maniera coordinata durante il ciclo di 24 ore. 

Questo comporta che la salute di coloro in cui non vi è una sincronizzazione tra i ritmi biologici e quelli dell’ambiente circostante, può esserne affetta. Nei mammiferi lolorogio circadiano principale è stato identificato bilateralmente nei Nuclei Soprachiasmatici (SCN) localizzati nell’ipotalamo.  Orologi simili poi, sono localizzati nei tessuti periferici come il fegato, i reni e il tessuto adiposo, dove l’azione di regolazione del metabolismo e di omeostasi avviene attraverso l’espressione di particolari enzimi e sistemi di trasporto.

Alternanza luce/buio

L’agente principale che permette la sincronizzazione degli orologi biologici centrali dei ritmi circadiani, è l’alternanza tra luce e buio.

Le informazioni luminose sono indirizzate al Sistema Nervoso Centrale (CNS) attraverso il tratto retino-ipotalamico, dove la melanopsina agisce da fotorecettore.  Mentre alcuni animali tendono ad essere attivi durante la notte, altri come gli esseri umani, sono attivi prevalentemente durante il giorno. Eppure gli umani sono le uniche creature a cambiare volontariamente il loro periodo di attività verso periodi non abitudinali, creando un diseallineamento tra le fasi di attività e i ritmi biologici. 

Di conseguenza si verificano cambiamenti nei periodi di alimentazione e di sonno, che insieme influenzano il controllo circadiano del sistema endocrino e che possono avere serie ripercussioni, come il verificarsi di patologie metaboliche.

Nella società moderna, l’alterazione dei ritmi circadiani può essere causata da diversi agenti come:

  • l’inquinamento causato dalla luce artificiale,
  • il jet-lag,
  • i lavori che prevedono turni,
  • attività del tempo libero notturne.

Durante tali attività infatti, gli individui sono svegli e attivi in orari diversi da quelli convenzionali, avranno così abitudini sonno-attività e di alimentazione sfasate e saranno esposti alla luce anche di notte, condizioni che creano un conflitto con l’orologio biologico interno, provocando la perdita dell’omeostasi. Il ciclo luce-buio è, come già detto in precedenza, il primo regolatore del sistema circadiano.

L’alimentazione

Altri fattori possono però dare informazioni sull’ambiente in cui si trova l’individuo, come lo stato energetico interno e la disponibilità del cibo.

Anche l’orario in cui ci si alimenta è quindi un segnale per il sistema circadiano, agendo sul cervello e sugli “orologi” periferici. 

Quando il tempo di alimentazione non coincide con il ciclo biologico sonno-attività, il cibo ingerito crea un conflitto interno con i segnali temporali inviati dal “clock” dei nuclei soprachiasmatici nella regolazione dell’efficienza metabolica, favorendo l’aumento del peso, l’obesità e la sindrome metabolica.

Tra i tessuti periferici, il tessuto adiposo sta ottenendo sempre più attenzione proprio a causa dell’aumento dei numeri dell’obesità. Il tessuto adiposo non è più considerato una riserva passiva di energia ma come un vero e proprio organo.

Produce infatti adipochine come l’adiponectina, la resistina, il fattore di necrosi tumorale α, la visfatina, e la leptina, che hanno vari funzioni endocrine, influenzando l’omeostasi metabolica. Anche questi fattori mostrano un’espressione ritmica circadiana.

Shift workers, ritmi circadiani e obesità

Tutte quelle attività collegate al metabolismo e regolate dal sistema circadiano, come la regolazione del metabolismo glucidico e lipidico, o la risposta insulinica e su cui l’alterazione dei ritmi circadiani può avere effetti, possono contribuire alla patofisiologia dell’obesità. 

Come è ormai risaputo, le malattie croniche come l’obesità, il diabete e le patologie cardiovascolari sono problemi di salute altamente prevalenti. Tali patologie sono associate poi a comportamenti come un inadeguato consumo di cibi salutari, fumo, ed insufficiente attività fisica. 

In particolare questi comportamenti sono prevalenti in chi pratica lavori che prevedono turni (Shift Work), e principalmente in coloro che lavorano di notte. 

Sono infatti molti gli studi che dimostrano come il sovrappeso e l’obesità siano prevalenti in tali classi di lavoratori.  Oltre alle patologie già citate, vi è l’associazione dell’aumentato rischio di sviluppare altri disordini metabolici, come insulino-resistenza, dislipidemia e la sindrome metabolica. Quest’ultima in particolare si sta manifestando molto più frequentemente e consiste in un insieme di condizioni metaboliche come un’aumentata pressione sanguigna, livelli di glucosio elevati, alti livelli di trigliceridi e un basso colesterolo HDL, che combinati aumentano il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, malattie cardiache e infarto.

I lavori a turno sono definiti come lavori in cui le ore di lavoro non rientrano nelle ore giornaliere standard di lavoro. Questa tipologia di lavoro è stata identificata come la causa di molti problemi di salute, proprio a causa dell’alterazione dei ritmi circadiani.

Tali alterazioni, se prolungate, possono portare allo sviluppo di diversi disordini, tra cui l’insonnia, una tolleranza al glucosio alterata, pressione sanguigna elevata, importanti fattori coinvolti nello sviluppo di patologie cardiovascolari.

I lavoratori a turno spesso hanno una ridotta qualità del sonno, della durata e/o eccessiva sonnolenza. Circa il 20-30% di tali lavoratori prova evidenti sintomi legati all’insonnia, ed eccessiva sonnolenza durante il giorno, tipici dei disturbi del ritmo circadiano del sonno, noti come Shift Work Disorder e riconosciuti nell’International Classification of Sleep Disorders. Tra gli altri sintomi vi sono: difficoltà a concentrarsi, mancanza di energie, mal di testa, che possono indurre ad errori ed incidenti sul lavoro. 

Gli shift work promuovono quindi un diseallineamento cronico tra le oscillazioni circadiane endogene e i cicli del comportamento. 

Tra i lavoratori notturni ad esempio, meno del 3% ha dimostrato un aggiustamento circadiano completo, rivelando che la maggior parte di questi lavoratori subisce disallineamento dei ritmi biologici e gli effetti conseguenti.

Un modo per determinare il ritmo circadiano endogeno è quello di misurare i livelli di cortisolo. Tale ormone è prodotto dalle ghiandole surrenali, con funzione antinfiammatoria, metabolica (gluconeogenesi) e di risposta immunosoppressiva.

La produzione di tale ormone è il risultato di una cascata ormonale che inizia nell’Ipotalamo. Tale struttura situata nel sistema nervoso centrale stimola, attraverso il rilascio di alcuni fattori nel circolo sanguigno, la secrezione degli ormoni di un’altra ghiandola, detta Ipofisi, come l’ormone adrenocorticotropico (ACTH), la cui funzione è quella di stimolare le ghiandole surrenali alla produzioone di cortisolo. Tale asse prende il nome di Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA). Oltre al controllo della secrezione del cortisolo, l’ipotalamo partecipa anche al controllo delle emozioni, del sonno, della fame e sete, della libido e della termoregolazione.

Lo stress stimola l’asse HPA, che ha un ritmo circadiano e che in normali condizioni porta ad un picco di secrezione del cortisolo al mattino presto. Tale concentrazione diminuisce durante il giorno, raggiungendo il minimo livello durante la notte. I cambiamenti endocrini come quelli che avvengono nei lavoratori a turno, includono alterazioni anche della concentrazione di cortisolo. 

Gli shift work sono definiti infatti degli stressors e nella maggior parte degli studi vi è una correlazione positiva tra stressors e cortisolo. La concentrazione del cortisolo, specialmente al mattino è fortemente collegata allo stress causato dal lavoro e la mancanza di sonno. Perciò si può dire che le alterazioni endocrine sono influenzate dagli shift work, dal sonno, dal sistema circadiano o da una combinazione di questi fattori.

Come già citato precedentemente, i lavori che prevedono turni ed in particolare quelli notturni, sono associati con un elevato rischio di disordini metabolici, forse come risultato di uno scarso adattamento fisiologico alla mancanza di sonno, che ha come conseguenza insonnia cronica e ad un’alimentazione ad orari non tipici.

La frequenza dei pasti è infatti ridotta mentre aumentano gli spuntini notturni, che possono contribuire ad un ulteriore intake calorico di circa 350-500 kcal, con una digestione meno efficiente rispetto a quella del giorno.

* Studi condotti su animali hanno dimostrato come una mancanza totale di sonno provochi iperfagia, mentre in altri studi condotti su persone con una deprivazione parziale del sonno, vi era un effetto simile a quello che si verifica negli animali ma con un’alimentazione particolarmente alta in grassi e carboidrati, risultavano inoltre bassi i livelli di leptina e alti i livelli di grelina.

Inoltre questi tipi di lavoro generalmente riducono le opportunità di praticare attività fisica.  Oltre a cambiamenti nelle concentrazioni di cortisolo, grelina e leptina, nei lavoratori a turno vi sono cambiamenti anche in quella della melatonina. 

Essa è prodotta dalla ghiandola pineale, la produzione aumenta nel corso della vita fino alla tarda età adulta, quando inizia a calare.  Tale ormone regola il ritmo sonno-veglia e la sua secrezione è influenzata dalla luce: alte concentrazioni di melatonina vengono rilasciate al buio. L’azione di quest’ormone è importante per la sintesi e azione dell’insulina e regola l’espressione dei trasportatori del glucosio GLUT4. 

Perciò una riduzione della produzione di melatonina come per esempio con l’esposizione alla luce durante i turni di notte, ha effetto sul metabolismo energetico, e può essere associata ad un incremento dell’insulino-resistenza e una tendenza allo sviluppo del diabete. Questo spiegherebbe perché vi è la raccomandazione da parte di alcuni ricercatori di una supplementazione di melatonina per questi lavoratori.

Gli studi

Uno studio particolarmente interessante è quello basato su due gruppi coorte tuttora in corso:

  • NHS iniziato nel 1976 dove sono state reclutate 121,701 infermiere americane tra i 30 e 55 anni 
  • NHS2 iniziato nel 1989, che includeva 116,430 infermiere americane di età compresa tra i 25 e 42 anni. 

In entrambi gli studi vengono eseguiti dei follow up biennali sulla base di questionari da compilare sul passato medico, stili di vita e recenti malattie diagnosticate. In ogni follow up la partecipazione è stata sempre di circa il 90%.

Questi studi esaminano l’associazione tra turni di lavoro notturni e varie patologie, tra cui quelle cardiovascolari. Dai risultati emerge che il rischio di sviluppare tali patologie è particolarmente più alto nei soggetti che svolgono turni notturni da più di 5 anni, con un rischio del 12%, 19% e 27% maggiore, per turni < di 5 anni, dai 5 ai 9 anni, e ≥ di 10 anni, rispettivamente.

I risultati sono stati, in generale, simili a quelli ottenuti (escluse in partenza e in seguito nei wari follow up) nel gruppo delle partecipanti con ipertensione, elevati livelli di colesterolo o con diabete, a supporto dell’ipotesi che i turni di lavoro e quindi l’alterazione dei ritmi biologici e sociali aumentano il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, anche in assenza o con le sole manifestazioni subcliniche di potenziali comorbidità come ipertensione, ipercolesterolemia o diabete.

Il rischio invece tende a diminuire all’aumentare del tempo trascorso da quando si è smesso di effettuare turni, nel NHS2. Vi sono alcune limitazioni da citare dello studio: le conclusioni possono essere generalizzate alle sole donne, in quanto gli effetti sulla salute potrebbero essere diversi negli uomini, e non vi sono poi informazioni sulla durata dei turni e sui parametri fisiologici che potrebbero esserne affetti.

Conclusioni

Concludendo, tutti questi fattori possono spiegare l’associazione tra la deprivazione del sonno e aumento del peso/obesità.

Risulta evidente come siano necessarie strategie che evitino gli stressors degli ambienti di lavoro, che preservino la qualità del sonno, che riducano il tasso di incidenza dei più comuni disordini metabolici, minimizzando i problemi derivanti da questo tipo di lavoro. Sulla base di queste teorie, studi basati sulla crono-nutrizione suggeriscono l’implementazione di schede di alimentazione organizzate per limitare l’effetto del cibo sul normale ciclo biologico circadiano. 

Inoltre si potrebbero identificare strategie terapeutiche, anche non farmacologiche, che coinvolgano i clock periferici, mirati al miglioramento della salute metabolica, alla prevenzione dell’obesità e delle comorbidità ad esse associate. L’obesità e il diabete sono esempi di patologie complesse, influenzate da numerosi fattori, tra cui la dieta e l’attività fisica. Per questo sono necessari interventi di diversa natura, per la loro prevenzione e cura.

Dati i numerosi studi che dimostrano il collegamento tra il sistema circadiano e il metabolismo, intervenire anche sul ciclo circadiano potrebbe essere un fattore importante dal punto di vista clinico per capire la patofisiologia di queste patologie e le potenziali strategie per il loro trattamento.

sonno e obesità
Rappresentazione schematica dei processi che potrebbero collegare la mancanza di sonno all’obesità e alla sindrome metabolica (MetS).

stile di vita

shift workers e obesità
Distribuzione di lavoratori a turno e sovrappeso/obesità tra 5 studi.
sistema circadiano
Panoramica generale dell’organizzazione funzionale del sistema circadiano nei mammiferi.
effetti della luce su sistema circadiano
Studi condotti per verificare gli effetti della luce artificiale di notte sul sistema circadiano e metabolico.
trattamento dell'obesità
Differenti strategie per il trattamento dell’obesità da una prospettiva cronobiologica.

Silvia Capozza
Note sull’autore
Laurea Triennale in Scienze delle Attività Motorie e Sportive con Lode Università di Bari
Certificazione Functional Trainer Training Lab Italia
Certificazione Strength e Conditioning Training Lab Italia
Articolista Training Lab Italia

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